La città della Lanterna, prima ancora di diventare il rifugio invernale dei coniugi Verdi, fu una piazza strategica nel percorso artistico del Maestro delle Roncole, che sin dai suoi esordi nel teatro d’opera frequentò assiduamente il Carlo Felice.
Nel dicembre del 1840 vi si recò per curare la ripresa dell’Oberto conte di San Bonifacio (9 gennaio 1841), opera prima che Verdi, per il riallestimento ligure, decise di impreziosire con musica scritta ad hoc, di cui sopravvive un duetto nel primo atto tra Leonora e Oberto. Per comprendere a fondo il legame instauratosi fra Verdi e il Carlo Felice, basti dire che dal 1843 al 1859 nel Teatro genovese vennero rappresentate – eccezion fatta per quattro titoli: Un giorno di regno, Alzira, Il corsaro e Stiffelio – tutte le opere fino ad allora composte dal Bussetano.
A tale fedeltà nei confronti del repertorio verdiano tuttavia non corrispose mai la volontà da parte degli impresari genovesi di commissionare al Maestro una première, eccezion fatta per la proposta avanzata nel 1854 da Gennaro Sanguineti, il quale desiderava intitolare a Verdi un nuovo teatro in costruzione, auspicandone l’inaugurazione con la messa in scena di un dramma che il compositore avrebbe dovuto appositamente musicare per la circostanza. Verdi non aderì al progetto di Sanguineti e all’apertura della nuova sala, intitolata a Paganini, risuonarono – come sarebbe accaduto per il Teatro khediviale de Il Cairo nel 1869 a causa della guerra franco-prussiana che ritardò la prevista messinscena di Aida – le note di Rigoletto. Sempre nel 1854, il 20 febbraio, venne celebrata l’inaugurazione della tratta ferroviaria Torino-Genova con un concerto al Carlo Felice nel corso del quale furono eseguite la I e la IV parte de Il Trovatore. Risale al 1859 l’incontro che Verdi fece a Genova con l’ingegnere Giuseppe De Amicis, cugino dello scrittore, al quale il compositore nel 1861 delegò la ricerca di una dimora per soddisfare il desiderio di Giuseppina Strepponi «di avere […] un nido in vista di questo mare, per passarvi i mesi più rigidi dell’inverno molto tristi in campagna». Nella prima metà degli anni Sessanta, dopo frequenti soggiorni all’Albergo Croce di Malta, Verdi e sua moglie nell’estate del 1866 decisero di prendere in affitto un lussuoso appartamento al piano nobile di Palazzo Sauli Pallavicino, nello stesso stabile in cui risiedeva il direttore d’orchestra Angelo Mariani (che aveva eseguito a Rimini la prima di Aroldo il 16 agosto 1857), a quel tempo legato sentimentalmente a Teresa Stolz. Verdi conobbe il soprano boemo – con cui strinse una chiacchieratissima relazione extraconiugale – al Carlo Felice nel dicembre 1868 in occasione dell’allestimento della Forza del destino revisionata da Ghislanzoni, opera in cui la Stolz intepretò il ruolo di Leonora.
Fra le numerose onorificenze tributate al Maestro a livello internazionale, anche Genova non fece eccezione: il 24 aprile 1867 il Consiglio comunale gli conferì «per acclamazione» la cittadinanza onoraria. Sempre nel capoluogo ligure, nell’agosto del 1869 Verdi portò a termine il Libera me per la messa in memoria di Rossini e a dicembre dello stesso anno, nell’appartamento di via San Giacomo di Carignano, accolse Camille du Locle per mettere a punto l’operazione Aida, dramma in parte composto a Genova. A partire dal settembre 1874 fu un mezzanino ai piani alti di Palazzo del Principe, prestigiosa dimora cinquecentesca, ad ospitare la coppia nei soggiorni invernali all’ombra della Lanterna. Nelle sue stanze soggiornarono i collaboratori storici di Verdi, tra i quali Giulio Ricordi e – habitué durante le vacanze pasquali – Arrigo Boito, che nel ricordare a Camille Bellaigue la serenità di quei giorni, scrisse: «le Charme tranquille de cette visite annuelle me revient à l’esprit avec les entretiens du Maître, la table patriarcale strictement rituelle avec le mets d’usage, la douceur si penetrante de l’air et le grand palais Doria dont il était le Doge» [il fascino tranquillo di quella visita annuale mi ritorna presente con le conversazioni del maestro, la tavola patriarcale rigorosamente rituale col cibo consueto, la dolcezza così penetrante dell’aria e il grande palazzo Doria di cui egli era il doge]. Nella seconda residenza genovese si consumerà anche la vespertina tranche de vie dei coniugi Verdi: nel 1887 Giuseppina si sottopose ad un delicato intervento chirurgico e lo stesso musicista, nel 1897, pochi mesi prima della scomparsa della compagna, venne colpito da un attacco cardiaco di lieve entità.
L’ultima permanenza di Verdi a Genova si colloca nella primavera del 1900, quando, a testimonianza del suo precario stato di salute, scrisse all’amica Giuseppina Negroni Prati in data 23 aprile: «[…] Non sono ammalato, e non stò bene: le gambe non reggono, gli occhi non vedono: la mente (?) và a sfascio, e così la vita è durissima! Oh se potessi lavorare! Oh almeno se avessi buoni occhi e buone gambe! Camminerei e leggerei tutto il giorno, e sarei felice malgrado gli 87! Non avrei mai creduto d’aver a desiderare come suprema felicità, due buone gambe!!»