“Gli anni di galera”

Gli anni dal 1843 al 1850 sono un periodo di incessante e forsennato lavoro, nel quale Verdi firma il contratto per un’opera nuova quando non ha ancora terminato quella precedente, in un susseguirsi di impegni che, se consentono al giovane musicista di affermarsi sempre più sui palcoscenici italiani e internazionali, limitano però fortemente la possibilità di dedicarsi alla composizione in modo sereno e pacato. In questi anni, da lui stesso chiamati “anni di galera”, cioè di lavoro forzato e massacrante, complicato per di più da gravi problemi di salute – un giornale tedesco giunge perfino ad annunciarne la morte -, nascono ben dodici opere nuove, la prima delle quali I Lombardi alla prima crociata, su un libretto di Temistocle Solera, basato sull’omonimo poema in ottave di Tommaso Grossi, ripete la formula vincente di Nabucco.
ILombardi_amore067 Tommaso_Grossi_webCon I Lombardi, che ottennero una buona accoglienza, Verdi esaurisce gli obblighi contrattuali che lo legavano all’impresario Merelli e alla Scala ed è libero di scegliere tra le proposte che gli giungono dai vari teatri italiani: decide così di accettare l’offerta della Fenice di Venezia per la quale scrive l’Ernani, tratto dal dramma di Victor Hugo, che segna il primo avvicinamento di Verdi alle tematiche del teatro romantico europeo: il compositore si lascia dunque alle spalle i soggetti che hanno per protagonisti un intero popolo per incentrarsi sui conflitti individuali. L’Ernani segna anche l’inizio della collaborazione con quello che sarà il più fedele e docile librettista di Verdi: Francesco Maria Piave, da poco assunto come poeta presso il Teatro La Fenice.I due Foscari_tempesta_98 NonostanteBYRON-Opere complete, trad. De' Virgili(2) la mediocre prestazione dei cantanti, pur scelti fra i migliori dell’epoca, l’opera ottiene il 9 marzo 1844 un discreto successo che in seguito si consoliderà sempre più. Le quotazioni di Verdi continuano dunque a salire, come dimostra il contratto con l’impresario fiorentino Alessandro Lanari per un’opera da rappresentarsi nell’autunno di quell’anno al Teatro Argentina di Roma: nasceranno così I due Foscari su libretto di Piave, desunto dal dramma omonimo di lord Byron, a cui arriderà un buon successo.
Seguono poi nel 1845 Giovanna d’Arco, scritta per la Scala e all’origine di una clamorosa rottura con Merelli e il teatro milanese, nel quale il musicista non metterà più piede per ben ventiquattro anni, e l’Alzira, su testo del maggior librettista del momento, Salvadore Cammarano, un lavoro con cui Verdi si accosta per la prima volta al pubblico napoletano che, geloso custode di una tradizione operistica secolare e alquanto prevenuto nei confronti di un autore ritenuto eccessivamente innovatore, riserva all’opera una tiepida accoglienza.

Ad aiutarlo in questo periodo di intenso lavoro è Emanuele Muzio, di sette anni più giovane, nato anche lui nei pressi di Busseto, prima allievo e poi collaboratore di Verdi, verso il quale il maestro nutrirà sempre sentimenti fraterni, non mancando anche in seguito, quando dopo il 1847 si interromperà la loro collaborazione, di aiutarlo ad affermarsi come direttore d’orchestra.
Dopo l’Attila, rappresentato alla Fenice il 17 marzo 1846 e affermatosi all’indomani di un prima contrastata nel corso delle repliche, Verdi decide di cimentarsi con Shakespeare, da lui giudicato il maggior drammaturgo di tutti i tempi, ma ancora ben poco conosciuto nell’Italia del primo Ottocento. Mette così in musica il Macbeth, dedicando alla composizione dell’opera una cura tutta particolare e stendendone personalmente l’abbozzo drammatico. Non soddisfatto poi del testo fornitogli da Piave, chiede ad Andrea Maffei, celebre letterato dell’epoca e traduttore delle tragedie di Shakespeare in italiano, di rivedere i versi e assiste di persona a tutte le prove dell’opera, suggerendo ai cantanti di fare estrema attenzione alla recitazione e di servire quindi “meglio il poeta che il maestro”: si delinea qui compiutamente quella caratteristica verdiana di occuparsi di tutte le fasi della creazione dell’opera (non solo musicale, ma anche drammaturgica e visiva, con l’unica eccezione della stesura materiale dei versi) che fa di Verdi in primo luogo un uomo di teatro – come lui stesso si definiva – a cui interessa soprattutto l’intimo rapporto tra parola e musica. La novità di questa concezione è compresa a Firenze, dove il Macbeth viene rappresentato al Teatro della Pergola il 14 marzo 1847 con un lusinghiero successo.

Il 1847 segna il primo cauto debutto di Verdi all’estero: il 22 luglio vengono rappresentati al Her vicende-tavola030Majesty’s Theatre di Londra I masnadieri su librettoMasnadieri_amore101 di Maffei, tratto da Schiller, con esito – al di là della ‘prima’ svoltasi alla presenza della regina Vittoria – deludente e il 26 novembre va in scena con un discreto successo all’Opéra di Parigi Jérusalem, rifacimento de I Lombardi alla prima crociata.
OperaParigi_amore169HerMajestysTLondra_amore101E’ il biglietto con cui Verdi si presenta davanti al maggior teatro d’Europa, adottando la stessa strategia usata vent’anni prima da Rossini: riadattare in francese un collaudato successo italiano.
Consolidata così la propria fama e raggiunta ormai la tranquillità economica, grazie anche a un contratto a lunga scadenza con l’editore Ricordi, il musicista nell’aprile-maggio 1848 può realizzare il desiderio di acquistare una tenuta a Sant’Agata nei pressi di Busseto, dove poter soggiornare per lunghi periodi e dedicarsi agli amati lavori dei campi; continua tuttavia incessante la girandola di impegni che vedono succedersi in rapida sequenza Il corsaro, rappresentato al Teatro Grande di Trieste il 25 ottobre 1848, La battaglia di Legnano scritta per il Teatro Argentina di Roma, l’opera più risorgimentale di Verdi, andata in scena il 27 gennaio 1849 nell’infuocato clima patriottico della Repubblica Romana, la Luisa Miller, su libretto di Cammarano tratto dal dramma Amore e raggiro di Schiller, destinata al Teatro San Carlo di Napoli, dove l’8 dicembre 1849 ottenne un successo contenuto, e infine Stiffelio, eseguito a Trieste il 16 novembre 1850, desunto da Piave da una coeva pièce francese, incentrata sul tema scandaloso dell’adulterio e del perdono concesso alla moglie dal marito tradito.

Da questa rapida carrellata delle opere composte da Verdi durante gli “anni di galera” emerge con chiara evidenza, al di là degli specifici pregi o difetti dei singoli lavori, la capacità del compositore di rinnovarsi continuamente, di affrontare temi fra loro diversissimi, conferendo ad essi un preciso colore drammatico – quella che Verdi definiva la “tinta” – e spaziando dal dramma storico a quello intimista, dall’individualismo romantico ai temi corali, in una inesausta ricerca di “soggetti nuovi, grandi, belli variati, arditi all’estremo punto con forme nuove e nel tempo stesso musicabili”.