(Ferrara, 25 dicembre 1816 – Milano, 21 aprile 1878) Librettista e compositore, fu costretto nella sua infanzia a un forzato esilio perché figlio di un magistrato che, per le proprie posizioni antiaustriache, venne arrestato nel 1821 e condannato a vent’anni di carcere nello Spielberg. Nel 1826, dopo aver frequentato gratuitamente il Collegio Imperiale di Vienna, Temistocle Solera tornò a Milano, dove completò gli studi e pubblicò due raccolte di poesie che riscossero un buon successo e permisero al letterato di farsi conoscere anche in ambienti teatrali. Nel 1839 Verdi musicò una poesia di Solera, L’esule, mentre l’impresario Merelli gli affidò la revisione del libretto di Antonio Piazza, Oberto conte di San Bonifacio (17 novembre 1839), che rappresentò il debutto di Verdi nel teatro musicale. Un inno, La Melodia, di cui Solera fu autore sia del testo che della musica, venne eseguito fra un atto e l’altro di una replica dell’Oberto. Nel 1840 il Teatro alla Scala ospitò il primo melodramma interamente composto da Solera, Ildegonda, tratto da una novella di Tommaso Grossi. Una seconda opera di Solera, Il contadino d’Agliate, andata in scena nel 1841, conteneva tratti stilistici riconducibili al libretto di Nabucco, verseggiato da Solera per Verdi nel 1842. I Lombardi alla prima Crociata (11 febbraio 1843) e Giovanna d’Arco (15 febbraio 1845) sancirono la fine del sodalizio fra Solera e Verdi, che avrebbe previsto anche l’Attila, se il librettista non fosse partito improvvisamente per la Spagna, costringendo Verdi a rivolgersi al fidato Francesco Maria Piave per portare a termine il lavoro, andato in scena il 17 marzo 1846. Dopo un tentativo fallito da parte di Verdi di commissionare a Solera i versi per un’opera da allestire a Madrid, il librettista – che nel soggiorno iberico ricoprì numerosi incarichi, tra i quali impresario, direttore d’orchestra e giornalista – perse completamente i contatti con il Maestro. Nel 1861, venuto a conoscenza delle difficoltà finanziarie attraversate da Solera, Verdi scrisse alla contessa Maffei dicendo che avrebbe aiutato economicamente il librettista «con la condizione che il mio nome non vi figuri […] perché non è mia intenzione d’avere alcun rapporto diretto con lui».